School Master, scritto da Federico Foderaro:
- Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!!! Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!!! Driiiiiiiii... stunk! -
Odiava quella sveglia, ma si alzò comunque dal confortevole abbraccio del suo letto caldo. Fuori dalle lenzuola faceva freddo, e lui odiava anche questo. Si diresse in bagno mentre il resto della casa usciva dal torpore.
Era una tetra mattina d'Inverno. Ed era giorno di scuola.
- 'Enzo esci dal bagno! Dai sbrigati bastardo! - Suo fratello gli diede il buonrisveglio.
Renzo uscì, dando un forte calcio nelle reni al turbatore della quiete pubblica.
- Porta rispetto bestia ignorante! - furono le sue parole di buongiorno.
Renzo era di un anno più grande di Dante, ma la differenza si notava appena. Avevano gli stessi capelli folti, lisci e scuri; ed entrambi li portavano lunghi fino alla vita legati a coda di cavallo. Erano entrambi di carnagione pallida, alti e magri.
- Mà! Sveglia! La colazione! - dissero in coro. E si apprestarono al consueto rituale mattutino della vestizione.
Esso consisteva nell'entrare nell'armadio lanciandone fuori più vestiti possibile, poi se ne sceglievano alcuni a caso dal mucchio e infine li si indossava.
E' stato detto che ci trovavamo in Inverno e quindi la temperatura era piuttosto bassa. Tuttavia questo non scoraggiò i due fratelli dall'indossare due magliette senza maniche, rigorosamente nere monocromo. Poi si passò ai pantaloni (anch'esse neri), e infine alle calzature: due bei paia di massicci anfibi.
- Ciao Mà! Noi si va a scuola - disse Dante varcando la soglia dell'appartamento; subito seguito dal fratello maggiore.
La scuola era un edificio a forma di "U", con un cortile in cemento nello spazio interno.
Erano le otto in punto e gli studenti si ammassavano alle entrate, avviandosi verso le sorprese di una nuova giornata didattica. Alcuni portavano sul volto la maschera della sofferenza, altri semplicemente i postumi del sonno e molti il ghigno idiota proprio degli adolescenti di questa generazione.
- O Dà', lo vedi quello? - disse Renzo indicando un ragazzotto brufoloso appollaiato sul suo scooter e circondato dal gruppetto dei peggiori studenti dell'istituto.
- Mbè? - fece Dante. - Quello un giorno lo ammazzo -
Il fratellino spostò la sua attenzione da una bella ragazza che li stava superando al volto del fratello.
- Ma se non sei capace di ammazzare una mosca! Falla finita e dimmi piuttosto in che condizioni versa la salute di Lo Perfido -
Per uno scherzo del fato il suddetto professore di storia e filosofia aveva ereditato un nome che era una garanzia, almeno nel suo ambiente.
- Il vecchio bastardo se l'è cavata... neanche la morte se lo vuole prendere, bestia! -
- Ciao Dante! O' Rè! - Uno studente di primo superiore con gli occhiali e l'aria sbadata agitò la mano in direzione dei due fratelli, e subito scomparve inghiottito dalla folla.
- Dai Rè, non facciamoci beccare da BimboNerd che sennò oggi non ci entriamo a scuola -
Renzo sbuffò qualcosa in risposta; del tipo che BimboNerd era un ragazzo a posto, solo aveva le uniche colpe di essere un pò fuori dalla realtà e di attaccare a parlare a raffica.
Inoltre il ragazzino aveva una vera e propria adorazione per i due fratelli.
- Si vabbè, come vuoi... ma che fanno st'imbecilli? Perchè non si muovono? - Dante allungò il collo per scrutare da sopra la folla. Improvvisamente tutti gli studenti e i professori si erano ammassati nel cortile interno, immobili. - Ma che guardano tutti? Ah, c'è quella bestia del preside. - Indicò a Renzo la scalinata che portava all'interno dell'istituto vero e proprio. In quel momento era occupata da una specie di piccola piattaforma rialzata, sulla cui sommità si trovava la figura del dirigente scolastico. Ma c'era qualcosa di diverso dal solito, sembrava sensibilmente più imponente e minacciosa, e sotto le pronunciate arcate sopraccigliari, dove si trovano gli occhi, si scorgeva un sinistro bagliore rossastro fiammeggiante. - Hei fratello... il Vecchio Avvoltoio mi sembra strano oggi... che dici? - disse Renzo. Dante non rispose, ma rimase a contemplare perplesso quella visione così insolita e, a suo modo, inquietante.
Il preside cominciò a parlare. Non era la sua solita voce, anzi non era neanche una voce umana. Sembrava provenire da un pozzo molto profondo, bassa e cavernosa.
- Studenti! - tuonò, e molti fra la folla rabbrividirono.
- Vedo con piacere che siete presenti in molti oggi... molto bene. Innanzitutto vi dico che non potete più lasciare l'istituto. - E qui si abbandonò ad una ringhiante e malefica risata. Dalla parte degli studenti qualcuno gridò qualcosa che suonava simile a: " ma che dice 'sto vecchio rimbambito?".
- Avete capito bene, cari studenti. Ah... ma naturalmente vale anche per voi miei carissimi professori - annunciò. - Forse non credete a quello che dico? Ma suvvia provate allora! Il cancello è aperto, provate ad andarvene! - Alcuni studenti accolserò la proposta, elogiando a turno le molte qualità che evidentemente la sorella del preside possedeva. Si diressero verso l'uscita e varcarono il cancello.
- Stolti! - Il preside sembrava enormemente divertito dalla faccenda. Gli studenti lo guardarono come si guarda un pazzo e fecero per avviarsi lungo la strada. Ma immedietamente, uno dopo l'altro, caddero in ginocchio come sacchi di patate. E urlarono. Urlarono con le loro voci da adolescenti sbarbati. Fu una cosa insopportabile perfino per coloro che si trovavano all'interno del perimetro scolastico. Tutti rimasero pietrificati dal terrore, incapaci di agire in alcun modo. Lentamente uno degli studenti ribelli si trascinò fino all'entrata e lì si accasciò. Gli altri ancora fuori lo imitarono.
- Poveri ragazzi! - strillò la prof. Cappadocia, e subito si precipitò in loro soccorso. Ella era una di quelle professoresse che gli allievi adorano, anziana e con l'aria di essere la tua nonna preferita. - Qualcuno mi aiuti! Questi ragazzi non respirano! - In molti accorserò a dare una mano e in poco tempo gli studenti svenuti si ripresero. - Che è successo? Dove sono? - chiese il primo ragazzo che si riebbe.
- Vi è piaciuto lo spettacolo? - il preside-demone richiamò l'attenzione dei presenti.
- A me molto - e qui altra risata malefica. - Insomma è per questo che oggi voi tutti siete qui! Ragazzi voi oggi siete il mio passatempo! -
- Fratello ma che Cristo succede? Quelli soffrivano come bestie! - Dante era sconvolto, i capelli gli si erano appiccicati alla fronte pallida imperlata di sudore. Renzo non era in condizioni migliori e si strinse inconsciamente più vicino al fratello - Vorrei tanto saperlo anch'io, giuro. -
Un loro compagno di classe li raggiunse fendendo a spallate la folla di persone vocianti.
- O' regà ma avete visto che roba? Quello non è il solito preside! - Lollo aveva un fisico massiccio, capelli rossi tagliati corti e l'espressione eternamente accigliata. Era uno dei migliori amici dei fratelli.
Il preside si schiarì quella sua voce innaturale e ricominciò a parlare - Dunque, innanzitutto vi chiarisco alcune cose. Come avrete capito io non sono il preside della scuola, ma un demone che si è impossessato del suo corpo. Il mio nome è Crociare, molto piacere. -
Studenti e professori si guardarono l'un l'altro ad occhi sgranati. Nessuno sapeva cosa pensare.
- In questo momento nell'istituto sono presenti 821 studenti e 44 docenti, per il momento dimenticatevi dei bidelli. Naturalmente chi pensava di entrare in seconda ora non potrà partecipare al nostro piccolo Gioco... peccato. - Il demone Crociare passò la lingua del preside sulle labbra del preside. - Ma siamo comunque in numero sufficiente per divertirci come si deve. - Disse analizzando la folla con sguardo critico.
Un ragazzo di nome Marco, del quinto anno, che i fratelli conoscevano solo di vista prese coraggio e avanzò fino a sotto la piattaforma. - Senti bello - disse - Non so di cosa tu stia parlando, nè mi interessa. So solo che oggi ho l'interrogazione di latino e che ho studiato sei ore per andare bene. Quindi vedi di toglierti dai piedi e di farci entrare a scuola! - Un mormorio di approvazione salì dai presenti.
Il preside lo guardò per un pò, poi mosse una mano con gesto annoiato e Marco esplose in una scura pioggia di sangue e brandelli di carne che infradiciò tutti i presenti nel raggio di 15 metri.
- Mi correggo, 820 studenti. Perfetto, adoro i numeri pari! – Disse giulivo il preside.
Tutti gridarono e più di una ragazza svenne, in molti diedero di stomaco su quelli che gli stavano accanto. Il panico si diffuse tra la folla, ma nessuno si azzardava a varcare il cancello.
- Aiutateci! - Fateci uscire! - Qualcuno chiami la polizia! - Mio Dio che orrore! -
- Calma, calma ragazzi! - disse il demone-preside. - Il vostro compagno probabilmente è stato più fortunato di molti di voi. - Il suo volto era distorto da un ghigno malefico.
- Comunque per adesso basta così. Potete entare nell'istituto e fare ciò che volete, anche svolgere la normale attività didattica, se preferite. L'unica cosa che non potrete fare sarà lasciare la scuola. Pranzerete qui, cenerete qui, e dormirete qui. Insomma, d'ora in poi voi vivrete in quest'edificio!
E questo fino a quando lo vorrò io. - A questo punto eruppe in una sguaiata risata raccapricciante.
Poi fece un inchino, e sparì in una nuvola di tenebre; lasciando i suoi prigionieri in stato di shock, devastati e inzuppati di sangue.
Renzo fu tra i primi a riprendersi e a reagire. Afferrò le spalle di suo fratello ancora inebetito e gli diede una sonora scrollata. - Dante! Dai bello oh! E' tutto a posto ora, se ne è andato quello. -
Dante aveva lo sguardo perso nel vuoto, la bocca semiaperta. Renzo gli si mise davanti e lo schiaffeggiò violentemente fino a che non si riprese. - Smettila Rè', mi ammazzi così! - protestò il ragazzo ancora stordito.
Nella scuola si respirava un’aria pesante. Studenti e professori non avevano nè la forza nè la lucidità mentale per fare il punto della situazione, tantomeno per fare lezione! Girando per i corridoi si poteva vedere gente accasciata per terra, in lacrime o con l’espressione persa nel vuoto.
I due fratelli si trovavano nella loro aula insieme a molti dei loro compagni di classe. Nessuno aveva qualcosa da dire e l’atmosfera era pesante. Verso l’ora di pranzo qualcuno provò ad accostarsi ai due bar presenti nell’edificio, ma i più non avevano molto appetito. I più pessimisti si davano ormai per spacciati, mentre gli ottimisti credevano che quella fosse tutta una trovata pubblicitaria e che la morte del ragazzo fosse solo frutto di complicati effetti speciali. Ma anche negli occhi di questi ultimi si leggeva la paura.
Verso sera il preside-demone fece nuovamente la sua comparsa. Questa volta scelse come palcoscenico il cortile interno, racchiuso sui quattro lati dalle mura scolastiche.
- Studenti! Professori! – tuonò – Coraggio scendete tutti qui! Venite, ho qualcosa da dirvi! –
Lentamente il cortile cominciò a riempirsi.
- Molto bene, ora che ci siamo tutti posso dare finalmente inizio al nostro piccolo Gioco – disse Crociare. – Le regole sono semplici e sono tutte scritte qui. – nella sua mano comparve immediatamente un grande foglio bianco, coperto da una fitta scrittura.
- Ora vi illustro la struttura della mia invenzione – vociò il demone allegro – Il Gioco consiste in questo: Duelli Mortali! – E qui guardò la folla con sguardo carico di aspettativa, come se si aspettasse quasi delle urla di giubilo. – Cosa significa? – gridò qualcuno dalla folla.
- – Significa... miei cari, proprio ciò che ho detto! Duelli Mortali fra tutti gli studenti e tutti i professori presenti nell’istituto. I combattimenti saranno uno versus uno e si dovrà arrivare all’ultimo sangue. Questo significa che solo uno dei due contendenti sopravvive. Ma non combatterete certo a mani nude! Potrete utilizzare qualsiasi arma che non uccide a distanza la storia umana abbia mai prodotto. – Nelle menti dei presenti un macabro terrore cominciò a prendere forma.
- Cioè... vuoi dire che dobbiamo ammazzarci? – Gridò una ragazza del terzo anno con voce incredula. – Esattamente! Vedo che sei sveglia cara. – Confermò Crociare. - Ma per ora vi ho detto abbastanza, se volete altri chiarimenti consultate il foglio che ho preparato. – Detto questo svanì nella solita nuvola di tenebre con un sonoro schiocco.
Il foglio in questione si trovava ora apparecchiato su un alto piedistallo al centro del cortile.
Subito fu circondato da una folla di curiosi che si accalcavano per leggerne il contenuto.
I due fratelli, Renzo e Dante riuscirono a procurarsi una buona posizione ed a leggere quasi tutte le regole.
- Regola numero 1 – lesse Renzo ad alta voce - L’avversario deve morire in combattimento. -
- Regola numero 2 – proseguì – Possono essere scelte per combattere solo armi non da fuoco e non da tiro o lancio. Qualsiasi arma il combattente desideri e che rispetti queste caratteristiche, si materializzerà al suo fianco. – Dante strabuzzò gli occhi incredulo. Ma del resto solo in quella giornata aveva visto accadere cose che non dovrebbero esistere neanche nei peggiori incubi.
- Regola numero 3: i duelli non hanno regole. Ogni contendete può cercare di abbattere l’avversario senza tenere conto della cavalleria, dell’amicizia, dell’onore o del rispetto del prossimo. -