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Mito nordico

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Zaknafein:

--- Citazione da: Mark Blackeagle - 09 Maggio 2007, 11:16:31 pm ---La discussione mi sembra interessante ... solo che non ho mai toccato l'argomento .. e mi ritrovo un po' spaesato dalle domande proposte e dalle risposte , la miriade di nomi ecc ecc che state dando  ??? ...

Uno spunto per un'infarinatura di base dove lo posso trovare?   ?o:)

--- Termina citazione ---

Salvatore Tufano, Miti e Leggende Nordiche.

Luigi Lun, Mito Nordico (mi pare).

Gianna Chiesa Isnardi, I Miti Nordici.


Soprattutto il primo, è un testo molto agile e scorrevole. Il terzo è il più sistematico, e non è semplicissimo.

Se invece sei interessato (anche) alla critica mitologica, storico-religiosa, filologica...il campo si complica enormemente.
Se ti interessano, ti do nomi anche in questo.

Z.

Mark Blackeagle:

--- Citazione da: Zaknafein - 10 Maggio 2007, 06:56:53 pm ---
Se invece sei interessato (anche) alla critica mitologica, storico-religiosa, filologica...il campo si complica enormemente.
Se ti interessano, ti do nomi anche in questo.

Z.

--- Termina citazione ---

Per adesso mi accontento di qualcosa di non troppo "serio" , se mi passi il termine ... giusto per sondare il terreno e vedere se effettivamente mi puo' interessare. Grazie per i consigli in ogni caso  :D

perceval:
Wow, troppoa grazia...
in effetti, ho una predisposizione a cercare di vedere nei miti delle "avventure dello spirito", dei cammini evolutivi e di conoscenza. E questo potrebbe anche essere fuorviante.
Ma la dialettica tra funzione teleologica ed eziologica mi spinge a chiederti cosa pensi della funzione che svolgevano le storie mitiche per le popolazioni che le hanno prodotte.
Praticamente: secondo te, cosa se ne facevano dei loro miti? Che valore avevano nella loro vita e nella loro visione del mondo?
Domanda non da niente, lo riconosco... ma se non ti fa perdere troppo tempo mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi (/pensate, oh voi, silenti visitatori!)

Grazie per le segnalazioni!

Buon week end!

- Ramingo -:
Mio pensiero stringato

All'inizio i miti spiegavano la realtà incomprensibile: perché il fulmine scendeva dal cielo (gli dei/spiriti sono incazzati) e via dicendo
Poi iniziarono a raccogliere e spiegare eventi del passato, quando la tradizione orale era l'unica presente, fondendo assieme storie di battaglie, catastrofi, migrazioni, conquiste, imprese eroiche e così via (storia orale reinterpretata e mitizzata, insomma)
A questo si aggiungevano i racconti che avevano funzione didattica verso i giovani, compresi riti di iniziazione, per tramandare la tradizione e la conoscenza di un popolo. Potremmo metterci dentro tutte quelle storie che a tutti gli effetti potrebbero esser considerate parte delle favole o le fiabe (che son cose distinte)
Quindi la casta sacerdotale diventò potente, ed iniziarono a giustificare la detenzione di conoscenza e potere da parte di alcuni singoli o caste

Le cose via via si aggiungevano alle precedenti, senza soppiantarle, mischiandosi con altri miti che venivano importati da fuori e tradotti nella limitata percezione dei singoli popoli, che li adattavano alla propria visione/culto/mitologia (contaminazioni culturali)

Tutto è molto strizzato, e in realtà è una commistione di questi e suppongo altri motivi che ora non mi vengono in testa e Fra potrà esporre in maniera più precisa, e non credo che necessariamente seguano l'ordine che ho indicato, o almeno non solo

Mi spiegate i termini teleologica ed eziologica con precisione? Certo potrei girare wikipedia, ma penso che sarebbe piacevole per la conversazione sentirli qui :)

Zaknafein:

--- Citazione da: perceval - 11 Maggio 2007, 10:50:29 am ---Wow, troppoa grazia...
in effetti, ho una predisposizione a cercare di vedere nei miti delle "avventure dello spirito", dei cammini evolutivi e di conoscenza. E questo potrebbe anche essere fuorviante.
Ma la dialettica tra funzione teleologica ed eziologica mi spinge a chiederti cosa pensi della funzione che svolgevano le storie mitiche per le popolazioni che le hanno prodotte.
Praticamente: secondo te, cosa se ne facevano dei loro miti? Che valore avevano nella loro vita e nella loro visione del mondo?
Domanda non da niente, lo riconosco... ma se non ti fa perdere troppo tempo mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi (/pensate, oh voi, silenti visitatori!)
 ^__^
Grazie per le segnalazioni!

Buon week end!

--- Termina citazione ---

Eh...domanda da niente proprio... :D
Cosa rappresenti il corpus mitico per il gruppo umano, è una tematica veramente al centro di dibattiti fortissimi. Senza toccare le correnti, ti do il mio (parziale e sempre in evoluzione!) punto di vista.

I racconti mitici sono in primo luogo narrazioni eziologiche; considera che il finalismo, la salvezza, la predestinazione alla grazia...sono tutti concetti nati neanche con la predicazione di Gesù, ma con la strutturazione dell'apparato teologico del Cristianesimo.
Faccio un inciso: come diceva Montanelli, anche il più ateo tra di noi è profondamente cristiano, culturalmente cristiano; al punto di aver assunto strutture di indagine intellettuale inscindibili dall'influenza storica del Cristianesimo (questo lo aggiungo io, e sotto spiego perchè).
Noi siamo culturalmente condizionati a intelligere scopi e finalismi dietro a ogni angolo; per noi, il Diluvio Universale è la punizione mandata da Dio per il comportamento scorretto dell'uomo. Di questo, dobbiamo ringraziare 2000 anni di preminenza culturale della Chiesa Cristiana.

Prima della teologia cristiana e nei gruppi umani antichi, che ci hanno lasciato sufficienti testimonianze, non esiste affatto tutta questa attenzione alle dottrine salvifiche o finalistiche; non esiste, a dirla tutta, una vera e propria dimensione teologica nelle religioni antiche: in parole semplici, non sembra esistere la riflessione filosofica sulla religione. Esiste la religione (culto e organizzazione) e il complesso mitico, nient'altro.

In un contesto che non prevede finalismi accentuati o meccanismi salvifici di sorta, i corpi mitici assumono prevalentemente la funzione di spiegare il mondo "per-come-è". Dare un sostrato narrativo, e quindi facilmente comprensibile e memorizzabile, alla legittimazione del mondo per come è.

Non è banale come sembra. In realtà, questa risposta eziologica nasce da una domanda fortissima di sapore esistenziale: cosa è questo mondo? Perchè è così strutturato? Cosa ci facciamo noi, qui?
Mia visione personale, è che in fondo la risposta eziologica (il mondo è "ciò-che-è") rappresenti una anticipazione millenaria dell'esistenzialismo novecentesco.

Chioso con una considerazione di Sartre che ben s'adatta, secondo me, alla questione: l'uomo è contemporaneamente agente e vittima della dialettica dei suoi bisogni. Perchè, quindi, non estendere questo tipo di lucida analisi anche al mito?
Il mito non potrebbe essere, contemporaneamente, frutto e orientamento dei bisogni della comunità in cui si sviluppa? Della sua domanda esistenziale?

Adesso sì, che sono sicuro di avervi incasinato ancora di più i concetti, e ne sono contento! ^__^

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